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Un ottimo dizionario etimologico della lingua italiana, fa risalire l'origine della parola italiana "lotto" al francese.
Per l'esattezza deriverebbe da "lot", un'antica voce franca che significa "eredità, sorte".
Secondo altri invece, il termine lotto deriverebbe dalla parola teutonica "Hleut" che indicava l'oggetto sacro, un disco o una pietra, che veniva lanciato con rituali magici, al fine di derimere eventuali contrasti nella divisione di proprietà, in particolar modo, proprietà immobiliari.
In seguito la parola lotto si abbinò al gioco, proprio perché con tale nome si indicava il premio; un lotto di terreni, un lotto di immobili, che inizialmente costituivano l'oggetto della vincita. Ma non è per nulla sicura questa origine, Si tratta per lo più di supposizioni .
Per trasposizione il nome "lotto", che indicava il montepremi, passò secondo chi predilige questa origine della parola, ad identificare il gioco.
E' vero che la diffusione della parola è simile in tutti i Paesi europei ed ha più o meno lo stesso significato.
In tedesco "los" indica non solo "sorte, destino" ma - come in italiano - anche la divisione in lotti di terreni e beni; con la parola "los" si indica anche il "biglietto della lotteria" ed il verbo "losen" significa "tirare a sorte". In danese il sostantivo "lod" significa "estrazione"; il gioco del lotto si chiama "Lotto". In inglese "lot" sta per "destino o sorte", mentre il verbo "to lot" significa "assegnare in base a sorteggio". In francese "bien loti" significa favorito dalla sorte e - come in italiano - la parola "loto" ha tre significati: lotto di terreno; lotto, partita di merce; lotto, inteso come gioco. In spagnolo abbiamo il sostantivo "lote" che indica la partita di merce e "loto" il gioco. L'abbinamento delle scommesse con premi costituiti da lotti potrebbe avere origine olandese. Ad Amersfort, non lontano da Amsterdam, sembra che nel 1500 alcuni cittadini pensarono di sfruttare la passione del gioco dei loro concittadini per cedere alcune proprietà non facilmente divisibili.
Misero allora in premio il lotto completo delle loro proprietà. Successivamente la cosa si ripeté più volte, tanto che in seguito venne regolamentato il "Lotto di Olanda". A Venezia venne organizzata dal Consiglio dei Pregadi (l'antico Senato veneziano) una lotteria il cui montepremi era appunto "un lotto" di immobili costituito da "botteghe a pie' del ponte di Rialto, che sono contigue a quelle del Capitolo, e preti di San Bartolomeo verso la chiesa che risponde dall'altro capo sopra il Canal Grande, e haveranno la vista sopra il stradon, che sarà fatto nel mezzo di esso ponte".
La lotteria venne chiamata appunto "lotto del ponte di Rialto" ed aveva un montepremi complessivo di centomila ducati. Si poteva partecipare all'estrazione acquistando un bollettino al prezzo di due scudi ognuno. Per quanto riguarda il gioco del lotto non è possibile attribuirne l'ideazione ad una persona precisa. Possiamo solo dire che il gioco è il risultato di regolamentazioni e perfezionamenti di diverse forme di scommesse.
E' proprio per frenare questa umana tendenza, ritenuta immorale, che le autorità in ogni epoca cercarono, dapprima di vietare i giochi e poi, non avendo ottenuto alcun risultato, di regolamentarli nel tentativo di renderli il più possibile corretti evitando le facili speculazioni soprattutto a danno degli individui più sprovveduti.
Nel 1339 troviamo a Vicenza uno Statuto che tenta di dare un ordinamento ai diversi giochi, stabilendo e limitando i luoghi e giorni in cui essi si potevano svolgere, fissando una tassa per chi teneva il gioco ed elencando i comportamenti proibiti, l'ammontare delle eventuali multe nonché i limiti sulle diverse puntate.
In questo periodo troviamo vari giochi: le carte, i dadi, la "Zara", i giochi di sorte. Nessuno di questi aveva nulla in comune con il lotto attuale.
Solo nel 1448 si ha notizia a Milano delle cosiddette "borse di ventura" che in sostanza possono ritenersi un primo abbozzo di quello che sarà più tardi il vero gioco del lotto. Il gioco consisteva nell'assegnare sette "borse" contenenti rispettivamente, dalla prima alla settima, 300, 100, 75, 50, 30, 25, 20 ducati contanti. Chiunque, versando un ducato, aveva la possibilità di veder inserito in una corba (un recipiente di vimini intrecciato) un biglietto recante il proprio nome. Ovviamente, versando più ducati, si potevano avere più biglietti. Poi in piazza Sant'Ambrogio in un'altra corba venivano depositati altrettanti biglietti bianchi di cui solo sette recanti l'ammontare dei diversi premi. Chiamato uno dei presenti ad effettuare le operazioni, veniva estratto un biglietto dal recipiente contenente i nomi, ed uno da quello con i premi. Chiaramente se al nome estratto risultava abbinato un biglietto bianco questi non vinceva nulla, se ne veniva estratto uno recante un premio, l'ammontare di questo veniva consegnato subito al vincitore alla presenza di tutti. Vedremo come questa forma di gioco avrà più tardi nuova vita. Infatti nel 1539 in Francia, sotto Francesco I, verrà ripresa con il nome "Blanque" (bianca). Il fatto che questi giochi avessero a volte una avviata organizzazione alle spalle non vuol dire che fossero graditi dalle autorità anche perché se si tentava di regolamentarli non si riusciva per a controllare le eventuali scommesse clandestine che la gente effettuava sul gioco o sui giocatori.
Sembra peraltro che le scommesse fossero gi largamente diffuse e che ogni avvenimento pubblico desse vita a grande attività di gioco tanto che a Genova nel 1588 uno Statuto lo proibiva totalmente decretando che non si poteva far gioco sulla vita del Pontefice, dell'imperatore, dei re, dei cardinali, sulla riuscita degli eserciti, sull'esito delle guerre, sui matrimoni, sull' elezioni dei magistrati o dei dogi e addirittura sulla peste. A Genova il gioco del lotto era già nato proprio sulle scommesse che si facevano sull'elezione dei senatori della città.
L'atteggiamento delle autorità di fronte al fiorire dei giochi di scommessa, come abbiamo già detto, fu inizialmente di condanna e divieto. In seguito, un po' per gli scarsi risultati ottenuti dalla repressione, un po' perché i giocatori provvedevano ad effettuare le loro puntate in Stati pi permissivi, causando una notevole fuoriuscita di denaro, si giunse spesso a legalizzare il gioco. Conosciuto ed apprezzato il consistente utile che dalla gestione del gioco poteva derivare, molti Stati giunsero addirittura alla monopolizzazione, curando in proprio lotterie nazionali.In ogni caso- almeno in teoria - fu sempre l'intento umanitario a far decidere i governi a legalizzare il lotto.
Ogni statuto, bando o decreto che regolava il lotto, stabiliva che il ricavato dalla gestione del gioco fosse destinato a fini di pubblica utilità, scopi umanitari, opere pie che di volta in volta venivano specificate. FONTE : Il lotto nella storia - Ed. Barile
- Lotto Notiziario Maggio 1986

 
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